Sit in del mondo no profit contro gli sfratti attivati dopo l’intervento della Corte dei conti. “Noi non siamo Affittopoli, così si uccide il welfare di Roma”. La Giunta Raggi: “Serve una fase transitoria”
di Corrado Zunino – La Repubblica
ROMA. Il Teatro dell’Orologio ha restituito le chiavi al Comune di Roma, sommerso da una richiesta inaffrontabile di affitti pregressi, 600.000 euro (complicata, tra l’altro, da un’uscita di sicurezza che da trentasette anni non si apre). Il Celio Azzurro, scuola dell’infanzia che è un esempio di didattica e integrazione in Italia e nel mondo, è alla terza lettera di sgombero: a giorni dovrà lasciare i 150 metri quadrati sul colle degli asili se non tirerà fuori 242.585 euro che non ha, visto che è una scuola dell’infanzia. Gli arretrati sono cresciuti a dismisura perché nel 2010 la Giunta Alemanno ha scelto di non aggiornare i contratti abbattuti dell’80 per cento dal 1995, era la delibera 26 della Giunta Rutelli. I 1.135 euro pagati mensilmente come affitto calmierato sono stati trasformati in un canone di mercato insostenibile: 5.676 euro. Accade lo stesso alla confinante Arcobalena, altro esempio di occupazione a fini sociali (la struttura abbandonata fu presa nel 1978 da genitori bisognosi di un asilo a costi contenuti per i figli e poi fu passata ad alcuni maestri, pionieri nell’insegnamento e nella bonifica del territorio).
Nel mirino della Corte dei conti 989 associazioni
La Corte dei Conti, mossa dall’editto Tronca – che un anno fa da commissario del Comune si accorse che l’85 per cento degli affittuari nel Centro storico di Roma era moroso e firmò una delibera azzera tutto -, oggi ha istruito 989 fascicoli. Il viceprocuratore Guido Patti, dopo aver contestato a cinque funzionari comunali un mancato incasso di 100 milioni di euro, ora sta spianando il welfare di Roma. Asili, laboratori teatrali e scuole di musica popolare, centri di recupero delle sordità e altri che lavorano con i bambini costretti a vivere a Rebibbia insieme alle madri, la storica Accademia filarmonica romana: entro un mese dall’avviso di sfratto, dicono le carte, dovranno tutti uscire dalle strutture comunali che occupano.
Non profit in piazza
La Prefettura di Roma ha già eseguito sei sfratti, per 73 associazioni ha richiesto lo sgombero con la polizia e ha inviato ingiunzioni a tutte le 989 realtà a canone moderato per il rilascio bonario delle sedi e la restituzione degli arretrati giganti. Di queste, 235 sono enti no profit. Ed è proprio il mondo del volontariato che è tornato in piazza, Piazza delle Cinque Lune in particolare, questa mattina con un flash mob intitolato “Sindaca Raggi, vogliamo vivere”. Le associazioni e i loro volontari hanno sfilato verso il Campidoglio portando ceri accesi e una fascia nera al braccio in segno di lutto. Proveranno a consegnare un uovo di Pasqua alla sindaca: all’interno ci sono lettere che spiegano le singole storie. “Non ci stiamo a essere gettati nel calderone di Affittopoli, abbiamo sempre agito nelle regole”, ha dichiarato la presidente dell’Associazione regionale per la salute mentale, Marinella Cornacchia. La prima manifestazione sulla questione “sgomberi a Roma” c’era stata il 10 marzo scorso.
Dovrà uscire dalla sede comunale assegnata – per la quale ha sempre pagato l’affitto concordato – anche la Scuola popolare di musica di Testaccio fondata nel 1975 da Giovanna Marini: oggi è diventata grande come il Conservatorio di Roma e l’arretrato richiesto è pari a un milione di euro. A Prati, la scuola di musica Sylvestro Ganassi, 11 dipendenti e 350 soci, non potrà partecipare al prossimo bando di assegnazione perché il Comune insieme alla prima concessione non ha consegnato il necessario contratto di affitto (e l’associazione ha accumulato 60mila euro di debiti). L’associazione “Per la strada” si occupa dei senza fissa dimora della Stazione Termini, “Il Grande Cocomero” accoglie i bambini in cura al Policlinico Umberto I, “Viva la vita” i malati di Sla, la Casa dei diritti sociali si rivolge ai migranti. Almeno nove sono i centri sociali “tout court”. Tutti fuori. Cinquanta associazioni hanno contro attaccato chiedendo il deferimento alla commissione disciplinare del viceprocuratore Patti, che ha già spedito a dirigenti del Comune 230 inviti a dedurre (avvisi di garanzia, nella procedura della Corte dei conti) e 132 atti di citazione (alla fine del procedimento saranno 650). La Romeo Gestioni Spa, che dal 1997 al 2015 ha condotto la gestione del Patrimonio comunale, per ora non è stata chiamata in causa.
La Corte dei conti si basa su un principio giuridico-burocratico: le preassegnazioni non sono state trasformate in vere e proprie assegnazioni dopo 120 giorni, come previsto. In molti casi però, la maggioranza, c’è una legittimità sostanziale nella concessione (valore sociale dell’impresa, pagamento regolare dei fitti concordati inizialmente), ma i funzionari del Comune, ora incalzati dalla magistratura contabile, stanno autorizzando gli sfratti esecutivi poiché “se gli stessi immobili fossero messi sul mercato garantirebbero il maggior canone possibile”. Per una città con un deficit di 12 miliardi di euro, che paralizza ogni attività amministrativa, la ragione sembra forte.
Roma Capitale, 50.499 immobili
Il Patrimonio di Roma Capitale ha l’estensione di una città come Bologna: 14.090 ettari di superficie per 50.499 beni immobili tra terreni, parchi, giardini, monumenti, palazzi, ville, casali, appartamenti, scuole, centri sportivi, mercati, locali commerciali, capannoni, officine, box, cantine. Il cosiddetto “patrimonio indisponibile” (oggi messo in discussione) rappresenta l’1,61 per cento di questi beni. A cui si aggiungono – qui nasce la contestazione di affitti al minimo, “Affittopoli” appunto – il 3 per cento di alloggi e negozi destinati alla messa a reddito. Due piani, in un bisogno di legalità e denaro pubblico, si sono confusi: i furbi e gli aventi diritto. E la malagestione storica del Comune di Roma ha complicato tutto.
Appartamenti vista Cupolone a 8 euro al mese
ll prefetto Tronca ha dimostrato come ci siano appartamenti vista Cupolone affittati a 8 euro al mese, a 1,81 euro altri vicino alla Stazione Termini, quindi un attico in via del Colosseo occupato con pochi spiccioli da un avvocato della Corte di Cassazione e la casa dei Cavalieri di Rodi affacciata sui Fori imperiali in uso esclusivo all’Ordine di Malta per un euro al mese. Sono 1.700 i “beni” che il Comune può mettere a reddito, alcuni di pregio. Secondo un’inchiesta del “Manifesto”, su 861 potenziali affitti, 510 contratti non risultano “presenti agli atti”: il 59 per cento. Per quanto riguardo gli appartamenti in centro storico, scrive invece “linkiesta”, sono 574 e su questi pende una morosità da 9 milioni e 400mila euro. Ci sono settemila e settantasei famiglie romane che pagano canoni al Comune di 7 euro e 75 centesimi al mese. Il 95 per cento dei locali commerciali nel X Municipio sono stati trasformati – abusivamente – in appartamenti. Un terzo delle scuole romane ha l’alloggio per il custode all’interno e il bidello, andato in pensione, spesso si è tenuto l’alloggio. Su tutte queste realtà il Comune di Roma non riesce a intervenire e così, attraverso il grimaldello della Corte dei conti, ora vuole fare reddito allontanando le associazioni che compongono gran parte del “welfare di sostituzione” della capitale.
Il vicesindaco Bergamo: “Serve un periodo transitorio”
Sotto la Giunta Alemanno non si sono rinnovati i contratti con mille realtà romane insediate in edifici comunali, la Corte dei conti ha quindi avviato un’azione di recupero crediti, il sindaco Marino ha provato (senza riuscirci) a gestire la situazione attraverso la delibera 140, infine il commissario Tronca ha armato la Prefettura per avviare gli sgomberi di massa. E la Giunta Raggi, ora al governo della capitale? Il vicesindaco Luca Bergamo, che negli “spazi autogestiti” ha mosso i suoi primi passi politici, ha dichiarato: “All’origine di tutto ci sono errori di amministrazioni comunali che non hanno rinnovato le convenzioni mentre continuavano a emettere bollettini per il pagamento del canone, anche a concessione scaduta. Il problema è difficile e delicato, stiamo cercando da tempo criteri il più obiettivi possibili per stilare un regolamento per la concessione dei beni
indisponibili dell’amministrazione. Il Comune di Roma deve scegliere e supportare quel tipo di attività che svolgono una funzione sussidiaria alla funzione pubblica. È una questione, quella del welfare society, che si pone in tutti i Paesi occidentali. Di fronte all’azione della Corte dei Conti, però, bisogna immaginare un periodo transitorio”.
Domani mattina un altro sit-in delle associazioni coinvolte, davanti alla Corte dei conti.