Con la collaborazione di alcuni psichiatri, tra i quali Franco Basaglia, un gruppo di pazienti psichici del manicomio di Trieste e vari operatori del settore fondano la Cooperativa Lavoratori Uniti (CLU), primo esempio di cooperativa sociale per l’inserimento o il reinserimento di soggetti svantaggiati nel mondo del lavoro. La cooperativa fu una sorta di verifica di un nuovo metodo terapeutico, che riconosceva la qualifica di socio lavoratore a quei pazienti che in precedenza erano costretti a lavorare solo in nome dell’ergoterapia, senza alcuna retribuzione e senza diritti civili. Associava psichiatri, operatori del settore e malati mentali, con il duplice scopo di svolgere una funzione sociale – di aiuto ai disagiati – ma anche, in maniera subordinata, imprenditoriale, perché comunque i soci lavoravano come addetti ai servizi di lavanderia, come custodi o come artigiani in laboratori dedicati. L’approccio al lavoro della quasi totalità dei malati fu caratterizzato da una serietà quasi maniacale, per cui, in determinate mansioni, come quelle di pulizia, i risultati superavano in qualità quelli delle tradizionali ditte private.
I risultati furono sbalorditivi e convinsero anche gran parte di coloro che avevano mostrato un certo scetticismo. Anche a seguito del successo di questa cooperativa, si ebbe la legge n. 180 del 1978, oggi nota come legge Basaglia, relativa alla chiusura degli ospedali psichiatrici, che aprì le porte ad uno sviluppo dimensionale della CLU, conseguente all’ottenimento della gestione dell’area dell’ex-manicomio. Non solo, ma su tutto il territorio italiano nacquero altre cooperative sociali per l’aiuto ai disagiati psichici, che si ispiravano all’esempio di quella triestina, così come sorsero altre cooperative – simili nella struttura costitutiva e organizzativa – con lo scopo di inserire o reinserire nel mondo del lavoro disabili e altri svantaggiati, come ex-alcolisti o ex-carcerati.
La legislazione italiana ha poi chiamato queste esperienze nate in seno alla società civile ‘cooperative sociali di tipo B’, per distinguerle da quelle ‘di tipo A’ che erogano servizi socio-sanitari o educativi, ma che non hanno soci svantaggiati. L’esperienza della Clu – oggi ridenominata Cooperativa lavoratori uniti ‘Franco Basaglia’, per rendere omaggio alla memoria del celebre psichiatra – è stato uno dei più grandi esempi di innovazione sociale a livello mondiale e ha consentito, prima in Italia e poi in numerosi paesi esteri, di superare l’istituzione dei manicomi.
Molti di questi erano diventati dei veri e propri lager, dove gli internati vivevano come reclusi all’interno di un distretto sanitario autosufficiente, senza contatti con il mondo esterno e nel quale erano ignorati i più elementari diritti. Vari libri, documentari e film hanno raccontato gli orrori di queste strutture, dove poteva capitare che i malati si orinassero addosso nella camicia di forza e non fossero cambiati se non dopo molte ore, o dove i violenti commettevano quotidianamente soprusi a danno dei più miti. Tutto questo comportava un costo sociale ed economico particolarmente elevato, sia perché i malati tendevano a veder peggiorata la propria patologia psichica in seguito alle costrizioni ed ai vincoli del manicomio, sia perché la struttura necessitava di un cospicuo numero di infermieri per controllare coloro che erano più inclini a manifestare gravi stati di agitazione.
Basaglia ebbe il grande merito di comprendere come il manicomio accentuasse i problemi di salute mentale, per cui non andava riformato bensì soppresso. Di qui, il tentativo di un diverso approccio al problema, non con l’imperativo di porre il disagiato in una condizione di non nuocere agli altri, ma con lo scopo di reinserirlo gradualmente in un sistema sociale che lo vedesse partecipe se non addirittura protagonista. Le cooperative sociali di tipo B sono riuscite a trasformare un costo per la società in un valore aggiunto.