di Marinella Cornacchia
Grande partecipazione di pubblico alla due giorni sulla salute mentale promossa dall’Unasam nella sala della Protomoteca in Capidoglio per i 40 anni della legge 180, la legge Basaglia. Tanta partecipazione dimostra che la resilienza dei famigliari e degli operatori, a vario titolo coinvolti, ha ancora un ampio margine di reattività. Positivo è stato anche il rilancio che dell’anniversario e delle varie iniziative correlate hanno dato le reti televisive ed i canali telematici. Sarebbe importante che su questo tema i riflettori non si spengano perché, come molti relatori hanno evidenziato, la cura della salute mentale sta coinvolgendo un sempre più alto numero di cittadini.
Gli interventi che si sono succeduti hanno rappresentato il quadro attuale della situazione che a fronte di una Legge, appunto la 180 del 1978, che pur considerata dall’OMS come una delle più rispettose dei diritti delle persone con disturbi mentali, viene però ancora attuata sul nostro territorio nazionale a macchia di leopardo, con punte di eccellenza (purtroppo a distanza di 40 anni ancora poche) e con tante sacche di non attuazione e livelli minimi di assistenza.
Tutti hanno concordato sulla richiesta fatta dall’Unasam di una Conferenza Nazionale sulla Salute Mentale, l’ultima si tenne a Roma nel 2000, per valutare lo stato delle politiche messe in campo in questi anni, il livello di qualità dei servizi erogati, la loro corretta corrispondenza ai bisogni di un’utenza che vede oltre 150.000 cittadini in carico ai servizi pubblici (con riferimento alle sole persone con diagnosi di schizofrenia e senza considerare l’alto sommerso), e riproporre la necessità di un aggiornamento dei LEA con un Nuovo Piano Nazionale di Tutela della Salute Mentale.
Si è parlato di una nuova declinazione del concetto di “recovery”, che vede il paradigma biopsicosociale non ancora assorbito nella pratica quotidiana dagli operatori del settore, creando in questo caso discriminazioni territoriali con DSM non organizzati e non in grado di dare risposte adeguate, mantenendo ancora una certa resistenza a cambiare metodi e pratiche.
Si è evidenziata la richiesta di una migliore formazione degli operatori che sono, a tutti gli effetti, gli “strumenti” cardine con i quali attuare una vera e fattiva presa in carico dell’utenza. Sono state indicate le carenze negli organici, che raggiungono percentuali non più sostenibili e compatibili con i dettami della legge (con una media oltre il 70% in meno di quanto necessario), il che porta ad una tendenza ad istituzionalizzazioni di massa, con relativo aggravio della spesa e impropria risposta nella cura e nella restituzione sociale per gli utenti.
Occorre quindi che la risposta politica cambi radicalmente, e si dimostri più attenta nella corretta e trasparente gestione del settore, ritornando ad occuparsi “da vicino” alle problematiche di cura e non più gestendole burocraticamente con una progressivo accentramento ospedalocentrico della psichiatria.
I rappresentanti politici presenti (Regione e Parlamento) hanno tutti espresso la loro condivisione e supporto a tali proposte.
Una più corretta visione dei “luoghi di cura” e degli “strumenti di cura”, dei risultati ottenuti finora nelle pratiche di prevenzione, di integrazione e di reinserimento sociale, di inserimento lavorativo, servirebbero anche per dare una scrollata definitiva allo stigma legato alla salute mentale. Lo stesso Istituto Superiore di Sanità ha marcato come bufala il concetto sia di pericolosità sociale che quello che dice che il malato mentale non può lavorare.
Un’azione coerente di quanto si potrebbe ancora fare se all’argomento ed ai suoi coinvolgimenti sulla vita degli utenti e delle famiglie, ma anche all’intera società, fosse dato il dovuto supporto non solo in termini economici ma, e soprattutto, di intervento programmatico e progettuale.
Questo sarebbe il miglior modo possibile per festeggiare a pieno titolo la 180.
Sulla nostra pagina Facebook potete trovare il report dell’incontro postato da Radio Radicale.